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Il problema sono i debunker non gli “sparacaxxate”

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di Vittorio Lussana

I notissimi di Radio Radio, emittente radiofonica capitolina gestita da commentatori che riteniamo discutibili, hanno aperto la loro trasmissione di qualche giorno fa commentando lo scontro Mentana-Gruber, passato alla storia come: La saga dell’incontinenza. Una diatriba chiusa immediatamente dall’editore, Urbano Cairo, con la classica frase: “Non fate i ragazzini e lavorate”. Ebbene, gli amichevoli giullari radiofonici di Radio Radio, al fine di attaccare Chicco Mentana, hanno preso le mosse dal sito Open, in parte finanziato dal direttore del Tg de La7, colpevole di aver fatto e di fare debunking sul lavoro altrui.

A parte l’esistenza di una solida tradizione di grandi colleghi del passato, soprattutto del mondo anglosassone, i quali si sono addirittura specializzati nel loro ruolo di sfatatori costruendoci sopra un’intera carriera – con risultati anche importanti, come nel noto caso del Pizza Gate, che danneggiò pesantemente, nel 2016, la campagna presidenziale di Hillary Clinton, collegata arbitrariamente a un traffico satanista di neonati che, in realtà, riguardava un solo singolo pedofilo oggi deceduto (contribuendo fortemente alla demonizzazione della sinistra americana e di molti attori di Hollywood, tra cui il grandissimo Christopher Walken, di essere dei cultori dell’Anticristo, ndr) – quel che non torna chiaro agli adorabili speaker di Radio Radio è che non basta sedersi davanti a un microfono e lanciare accuse infondate contro Partiti politici o singole persone, per fare o creare una notizia.

Al contrario, nel vero giornalismo d’inchiesta si opera in silenzio, in certi casi addirittura per decenni, proprio per arrivare a raccogliere prove inconfutabili, in grado di confermare la validità della pista che si è scelto di seguire. Anche perché, se dici subito a tutti che hai dei sospetti in merito a un fatto qualsiasi, anche gli altri colleghi indagheranno, fregandoti lo scoop: si tratta di errori elementari, che dovrebbero essere sanzionati dall’Ordine nazionale dei giornalisti.

In pratica, la teoria di Radio Radio, dopo montagnole di menzognette e fake news regolarmente schiantatesi di fronte alla realtà – dalle polemiche sul Mes alle accuse di nefandezze contro tutta la sinistra italiana, in particolare durante la gestione della pandemia da Covid – sembra essere l’avere la faccia tosta di almanaccare una linea editoriale basata sulla cazzata libera, che ritiene di non dover mai rendere conto a nessuno del proprio operato, oltre a diffondere capillarmente paure insensate e una forma di antipolitica astratta. E si permettono anche, questi signori, di ridicolizzare e sconfessare il giornalismo di verifica dei ragazzi di Mentana.

Se oggi hanno preso piede, meritatamente, personaggi come Barbascura X, studiosi come Paolo Attivissimo e il bravissimo Massimo Polidoro, autentico erede del grande Piero Angela o gli stessi animatori di un sito come Open, lo si deve proprio al loro lavoro di verifica delle notizie diffuse da questa sorta di filibustieri dell’etere, mistificatori di professione e fomentatori di populismo e di un’idea di giornalismo totalmente propagandistica, per non dire messianica.

Tutto sta all’interno del circuito radiofonico romano allo stato attuale, caduto quasi totalmente in mano alle tifoserie calcistiche e gestito in modo che verità pure, opinioni personali, fake news o notizie non verificate fino in fondo, informazioni distorte spesso in modo immotivato a fomentare paure che immotivate lo sono altrettanto. Si spera di evitare un contagio, peraltro già in atto su molte web-radio di parte.

Per chiudere si sottolinea come una professione delicata come quella di informare il pubblico, che possiede anche un Ordine per il controllo deontologico del mestiere, continua a subire discredito e danni d’immagine attraverso la rigenerazione di un vecchio, vecchissimo, luogo comune, volto a disegnare il giornalista come un semplice “cantapalle del potere”: un falso stereotipo di diretta discendenza fascista, duro a morire qui da noi. Soprattutto a causa di fenomeni come il berlusconismo, che ha letteralmente avvelenato i pozzi della più corretta informazione, fino a trasformare il “politicamente corretto” nel vero problema dell’informazione in Italia.

Chi non ne sa niente di questo mestiere, di come si vive per farlo e di quale prezzo si rischia di pagare, come dimostrato dai casi di Giancarlo Siani e Ilaria Alpi, non dovrebbe nemmeno avvicinarsi a una redazione radiofonica: queste sì che sono “braccia rubate all’agricoltura”. Eppure, continuiamo a essere bombardati di telefonate di amici o persone che hanno visto o sentito notizie assolutamente allarmanti. Per non ricordare cosa è successo in tempi di pandemia.

Che colleghi come Enrico Mentana e altri abbiano sentito il bisogno, anzi il dovere, di dover mettere in piedi strutture di controllo di quelle informazioni funzionali a diffondere panico nella popolazione, era il minimo sindacale. Fin troppo pochi sono gli anticorpi in questo Paese su certe cose, dato che oggi abbiamo una presidente del Consiglio che nemmeno si vergogna d’indicare, come principale nemico delle destre conservatrici europee “l’ideologia gender”: ma quale ideologia? Lo sa, Giorgia Meloni, quanto e cosa ci vuole per fondare un’ideologia? Sa di che cosa si tratta? E’ consapevole di quello che dice in termini di diritto, quando teorizza la gestazione per altri come reato universale? Sa di cosa parla? Eppure, questa signora è diventata presidente del Consiglio della Repubblica italiana, grazie a certe teorie astratte o inapplicabili: ce ne vogliamo rendere conto? Tutto servirebbe a capire da quale humus subculturale provengono questi qua, a volerlo comprendere.

Poi c’è chi si scandalizza se gente come Francesco Lollobrigida faccia il ministro.

 

 

(21 maggio 2024)

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