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Quello della “decadenza” di Roma è un “leit motiv” che sentiamo da anni, ergo…

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di G.S., #Lopinione

Parlare di Roma e della sua decadenza è diventato un po’ come sparare sulla croce rossa: è un leit motiv che sentiamo da anni e che ci perseguita ossessivamente perché Roma è l’Italia, la nostra storia, le nostre viscere – e non solo le nostre; Roma Caput Mundi è il cuore della civiltà occidentale, e il suo declino riguarda il mondo intero perché questa città è sempre stato il centro del mondo anche nei suoi periodi più bui, anzi in quelli probabilmente ha mostrato le crepe e le falle di tutto il sistema capitalistico occidentale senza vergogna, sbattendoci in faccia la realtà per quella che era (il che non è un merito, ma evidenzia perlomeno quanto Roma possa essere sincera a differenza di altre città altrettanto illustri e più ipocrite).

Cosa è successo alla città eterna? Come è possibile che sia diventata un luogo mortificato dall’incuria, dall’immondizia, dalla malavita, dal cattivo funzionamento dei mezzi e dei servizi pubblici? Le risposte le sappiamo. Sarebbe anche scontato elencarle. Il dito inevitabilmente va puntato in primis contro una classe dirigente (tutta) e le pessime amministrazioni che si sono susseguite negli ultimi anni. Eppure non basta deprecare un Alemanno o una Raggi, ritenendoli gli unici responsabili della decadenza verticale di Roma. Roma è da secoli che vive a fasi alterne momenti di splendore e momenti di buio.

Al di là dell’aspetto romantico della vicenda, il problema (e la forza) di Roma è che il centro del potere, un potere che di volta in volta, a seconda di chi è in alto vuole Roma in un certo modo. La Roma di oggi viene dai cinque lustri di berlusconismo, ma anche da amministrazioni che si sono succedute battendosi l’una contro le misure dell’altra: dall’esaltazione della cultura e della bellezza della capitale in risposta al potere accentratore, accecante e ignorante di certi cloni berlusconiani, che ha portato all’esatto contrario di ciò che si raccontava agli elettori. Non una Roma migliore e più bella, ma un bistrattare Roma per meri fini utilitaristici e il solito magna magna in linea coi bunga bunga e altre storie di malaffare.

Risultato: gli abitanti della città completamente disgregati, poco coesi, per non dire allo sbaraglio più totale. Tra veri romani o presunti tali, altre etnie e cittadini che da nord a sud Italia hanno scelto la capitale per vivere, Roma sulla carta è si una città globale, il problema però è che questa globalità è in perenne contrasto, non si comprende, non coopera e si getta nella più totale confusione insieme a una città che non vive né nel passato, né nel presente e tantomeno nel futuro.

Roma non sa più che pesci pigliare. Non ha identità. E si cerca da sempre, faticando a trovarsi, come il paese di cui è Capitale. E come quell’l’Italia se non accetterà le sue mille contraddizioni e differenze, abbracciandole e adottando una politica di integrazione e di rispetto di tutte le differenze, precipiterà sul serio in un buco nero senza fondo. C’è chi sostiene che dovrebbe avere un sindaco per ogni municipio e un sindaco ufficiale a cui dovrebbero far riferimento tutti gli altri. Questo potrebbe essere un primo passo per un cambiamento ma ciò non basta.

Roma ha bisogno di rinascita culturale e di maggiore consapevolezza da parte dei suoi cittadini; deve fare tesoro del peso della sua storia. Deve riconoscere la mala fede di troppi politici e la cecità di troppi cittadini romani che hanno portato la Roma di oggi ad essere la città in difficoltà che è. Sembrerebbe un disastro che, nella magnificenza di secoli di storia, fa male al cuore.

 

(3 ottobre 2021)

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