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Il coraggioso murale di viale Jonio #pensieriniromani di Vittorio Lussana

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di Vittorio Lussana #pensieriniromani

In certe cose, Roma è avanti: non c’è niente da fare. Soprattutto, sotto il profilo culturale. Forse perché viene visitata ogni anno – pandemia a parte – da gente proveniente da tutto il mondo. E le ‘teste’ si aprono verso una cultura basata sulla solidarietà e la tolleranza, archiviando totalmente ogni rimozione da caserma.

Questi sono i pensieri che mi sono venuti in testa, osservando il murale inaugurato a Roma alcune sere fa presso la stazione della metropolitana di viale Jonio, raffigurante due donne che si baciano. Innanzitutto, il bacio è un gesto così romantico, che non può certo essere accostato alla pornografia del sesso ‘crudo’. Baciarsi significa amarsi, anche tra persone dello stesso sesso. E non dovremmo mai vergognarci di provare un sentimento del genere. Attraverso un bacio, noi ammettiamo implicitamente di appartenere alla specie umana. E al contempo, annunciamo di voler correggere quella cultura ‘meccanicista’ e tecnocratica, che rifiuta di essere riequilibrata da alcuni valori di fondo.

foto del murales dal profilo Pinterest di Gay Help Line

In secondo luogo, il murale in ‘pixel art’ firmato da Krayon e commissionato da Gay Help Line e dal III Municipio di Roma Capitale, è l’atto più coraggioso a cui ho potuto assistere, nella capitale d’Italia, da un bel po’ di anni a questa parte. E credo anche che Roma fosse pronta per un ‘salto’ del genere: una parte dei romani un po’ meno, ma la città lo era. Roma non ha alcuna colpa se una parte della sua popolazione si dedica allo smembramento dei cadaveri, al fine di mettersi in tasca la tassa di cremazione. Sono queste le cose di cui i romani dovrebbero vergognarsi, non certo del fatto che due donne si vogliano bene. Sono queste le cose su cui ho ragione, anche se fanno ‘storcere il naso’ a qualche amico che proprio non ha la forza morale di prendere atto di certi ‘abissi’ d’immoralità. E se qualcuno questa forza non ce l’ha, non gliela può certo prestare nessuno.

Il dominio del positivismo tecnologico non può essere l’unica risposta di progresso possibile: in questo, le culture di sinistra debbono stare attente a non abbandonarsi all’inerzia dello sviluppo in quanto tale, che non è mai vero progresso e tende a divorare professioni e occupazione. L’esempio di umanità del murale di via Scarpanto risponde anche a molte delle critiche indirizzate al sottoscritto, che mi accusano di aver sostituito i diritti civili a quelli sociali. Si tratta di un’obiezione puramente ideologica: i primi appartengono al medesimo alveo umanista dei secondi; oltre a ciò, si dovrebbe cominciare ad ammettere che, anche certe vite messe al sicuro da una professionalità acquisita, come quella del sottoscritto e di altri, hanno bisogno di essere accompagnate da alcune forme di cultura umanista e spirituale.

E’ questo il modo per non far capitare certi ‘disastri’ familiari, come quelli vissuti dal sottoscritto e da un autore strepitoso come Enrico Ruggeri, il quale di recente ha raccontato, in una bella intervista rilasciata a Peter Gomez, la sua brutta esperienza adolescenziale che ci accomuna da sempre. E che sarebbe capitata sia a Roma, sia in Lombardia: non c’è differenza alcuna in questo. Lo garantisce un lombardo autentico: non c’entrano niente l’etnia, la mentalità o la pigrizia del centro-sud.

Quando si raggiunge un certo ‘status’ sociale ed economico, bisogna cominciare a ‘fermare’ alcuni principi sacrosanti, per non far ricadere le conseguenze del nostro egoismo sulle spalle e sui destini dei nostri figli. Ma ogni volta che si giunge a questo preciso punto del ragionamento, qualcuno obietta sempre: “Senza certi guai, non ti saresti dato una mossa e ti saresti adagiato nell’opulenza familiare. E Ruggeri avrebbe continuato a ‘pippare’ cocaina…”. Una cretinata spregevole, alla quale non si deve rispondere mai. Esattamente come fece Gesù Cristo in persona innanzi all’insensibile disprezzo di Ponzio Pilato nei confronti della verità.

Io ed Enrico Ruggeri siamo solamente due ragazzi lombardi che certe cose le hanno capite per tempo, senza alcun bisogno di finire nella ‘cacca’ sino al collo. E molte delle nostre scelte sono lì a dimostrarlo. Ma si tratta di verità che danno fastidio, perché noi siamo quelli che hanno saputo cambiare totalmente il proprio percorso di vita. E adesso, tocca a tutti gli altri. A Roma come a Milano.

 

(2 marzo 2021)

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