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Festa del Cinema di Roma: New York è viva. Viva New York

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di Alessandro Paesano #RomaFF12  twitter@Ale_Paesano 

 

 

Tre film diversissimi  tutti ambientati a New York e prodotti con il contributo della città e dello Stato di New York che ci ricordano quanti film off Hollywood vengono prodotti negli States senza (quasi) mai venire distribuiti in Italia.

Stiamo parlando di Who Are We Now? (USA, 2017) di Matthew Newton, di The Only Living Boy In New York (Usa, 2017) di Marc Webb e del documentario Boom For Real (USA, 2017) di Sara Driver.

Protagonista collaterale di tutti e tre i film è la città di New York crogiolo di arti e di vite allora (Boom for Life racconta degli anni giovanili di Basquiat) come ora. Emana da questi film un’urgenza di narrare anodina e incontenibile che travolge il pubblico al di là della concreta efficacia di realizzazione (il documentario è  una spanna sotto gli altri due)  sorprendendo per la capacità di farsi vedere.

Boom for Real il cui sottotitolo recita The Late Teen-ager Years of Jean-Michel Basquiat prende le mosse dalla bancarotta che la città di New York sfiorò alla fine degli anni 70 e si ricollega a una stagione irripetibile per la musica e le arti dell’epoca, intervistando una serie di artisti e artiste, musicisti, critiche e collezioniste d’arte che hanno conosciuto, vissuto, amato, flirtato, lavorato e abitato con Basquiat. Ne emerge un film di memoria e di testimonianza nel quale vediamo le persone intervistate oggi e com’erano 40 anni fa tutte intente a ricordare com’era New York allora e com’era vivere con Basquiat.



L’artista però rimane paradossalmente il grande assente del documentario che non si briga di fare sponda alle affermazioni delle persone intervistate o di fornirci informazioni per verificare in tralice quanto detto su di lui. Per cui alla fine il documentario più che ricostruire, come vuole il suo titolo, gli ultimi anni dell’adolescenza di Basquiat ricostruiscono la memoria che Basquiat ha lasciato sulle persone che lo hanno frequentato.

Ripetitivo e a tratti noioso  gli gioverebbe un taglio di almeno una decina di minuti (ma meglio portarlo sotto i 60 minuti invece dei suoi attuali 78) evitando, soprattutto, di sopperire alla mancanza di immagini di repertorio su Basquiat riproponendo ipnoticamente sempre le stesse sequenze senza che questa ripetizione diventi mai davvero uno stile.

La prima cosa che rimane impressa di Who Are We Now ? è il viso dolente e sofferto di Helen Beyene che interpreta Beth,  uscita di carcere per buona condotta che  vorrebbe riprendere il suo ruolo di madre col figlio di dieci anni, cresciuto dalla sorella, che ignora la sua vera identità chiamandola zia.

il film gravita intorno a diversi personaggi una avvocata che vuole aiutare Beth a ottenere la custodia alimentando una faida con la sorella dalla quale Beth si sottrae, Peter veterano di guerra col quale Beth ha un flirt e le ex amiche prima della parentesi di dieci anni in carcere.

Il film, scarno di dettagli e scene esplicative (Beth racconta alcuni dettagli del suo processo a Peter a fine film) registra il percorso di autodeterminazione di una donna che  capisce sulla propria pelle che solo lasciando andare il passato può affrontare il presente, riconoscendo che la madre si suo figli e sua sorella Gaby, che lo ha cresciuto dalla nascita e che dovrà trovare un nuovo modo per far parte della vita del bambino. Un film esemplare  con un cast magico e perfetto.

The Only Living Boy in New York ha il respiro del romanzo adattato per il grande schermo anche se si tratta di una storia originale per il cinema che racconta di scrittori, editori, di amori e tradimenti vissuti dal punto di vista di un giovane avvenente pargolo della New York bene (Callum Turner) che si barcamena tra una amica coetanea con la quale vorrebbe ci fosse qualcosa di più e l’amante del padre con la quale finisce suo malgrado a letto, anche se era andato da lei per proteggere la madre.

Per niente  ammiccante nelle  scene di sesso (anche se non ci sarebbe dispiaciuto vedere qualche centimetro di pelle in più di Turner) Dove nessuno e nessuna si spoglia più del dovuto e dove la protagonista femminile non si spoglia di piu rispetto al protagonista maschile come accade in tanti film, anche qui alla Festa, umiliando così l’attrice piu esposta dell’attore.

La storia poco plausibile per un mezzo tendenzialmente realistico come il cinema ha la plausibilità della storia per la pagina scritta.

 

A cominciare dalla classica voce fuori campo dove un narratore onnisciente ci racconta emozioni dei personaggi, proprio come fossero brani di un romanzo trasposto per il grande schermo. Una crasi tra metà cinema e metà letteratura (il film racconta di uno scrittore che trae un romanzo dai fatti raccontati nel film col quale il film stesso comincia…) ma che piu che interessarsi alle implicazioni metà narrative di questo incrocio si concentra sui rapporti umani tra genitori e figli, tra uomini e donne, dove altre donne si liberano e si emancipano mentre i figli crescono e hanno un rapporto finalmente paritario con gli adulti.

Un film elegante magnificamente interpretato (Jeff Bridges, Pierce Brosnan e Cinthya Nixon tra gli altri). Un altro gioiello made in NYC.




(31 ottobre 2017)

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