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Il binario della memoria #pensieriniromani di Vittorio Lussana

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di Redazione Roma

Per lungo tempo, a Roma, si è ritenuto che il lungo convoglio ferroviario che deportò verso i campi di concentramento gli Ebrei catturati dai nazisti nel ghetto di Portico d’Ottavia fosse partito dal binario 1 della stazione Tiburtina. Invece, il coordinatore del Gruppo Ipogei bellici dell’Associazione sotterranei di Roma, Lorenzo Grassi, ha voluto chiarire questa faccenda andando a contattare Fausto Angelelli: un signore che, per molti anni, ha vissuto proprio all’interno della stazione Tiburtina. Questo signor Angelelli, infatti, già da tempo si era messo alla ricerca dell’esatto binario di partenza di quel treno, pubblicando in alcuni gruppi Facebook i vari documenti che stava via via ritrovando, insieme ad alcuni brani de “La Storia” di Elsa Morante e quelli riportati da Robert Katz in opere come: “Sabato nero”.

Si tratta di una splendida iniziativa, che ha permesso di ricostruire esattamente come andarono le cose in quel tristissimo 18 ottobre 1943 e da dove il treno dello sterminio sia partito con a bordo 1020 Ebrei romani, catturati dopo un terrificante rastrellamento nazista durato due giorni e due notti. Sarebbe il caso che il comune di Roma Capitale aiutasse questi due cittadini a proseguire le loro ricerche ed eventualmente a ricordare quei terribili giorni con una stele, per rendere omaggio ai nomi e cognomi di quei 1020 Ebrei romani che non sono mai più tornati nella città eterna.

La comunità ebraica di Roma ha una storia di persecuzione millenaria. Soprattutto per motivazioni religiose: per lunghissimi secoli, la capitale universale della cristianità li ha trattati come i veri e propri mandanti della condanna a morte di Gesù Cristo. Un’accusa storicamente infondata, poiché non solo il figliuolo del carpentiere di Nazareth apparteneva anche lui al popolo ebraico, ma essa in realtà si basa sul tentativo teologico di San Paolo, avallato in seguito dall’Imperatore Costantino, di far accettare al popolo romano una versione greco-ellenista della vicenda di Gesù Cristo, specularmente opposta a quella dei protocristiani ebraici, al fine di imporre il cattolicesimo come religione di Stato in tutto l’Impero.

San Paolo e Costantino non sono gli unici ad aver cercato un nemico di comodo e a diffondere fake news millenariste. Anche Adolf Hitler, che in realtà era un cattolico di origini austriache, cadde nella trappola del Protocollo dei Savi di Sion: una falsa inchiesta redatta a Parigi dallo spionaggio russo agli inizi del XX secolo, che tentò di porre in cattiva luce gli Ebrei agli occhi dello Czar, Nicola II. Un falso dannosissimo, che partendo da una sorta di Congresso sionista tenutosi a Basilea nel 1897, paventava una supposta rete di rapporti dell’alta finanza ebraica in grado di influenzare tutta la stampa mondiale dell’epoca, di avanzare agevolmente nelle più alte gerarchie dell’Esercito, di controllare in gran parte la produzione culturale russa, di influenzare l’opinione pubblica, di agevolare le carriere degli Ebrei ai vertici delle libere professioni: non ricorda proprio nulla tutto questo? Ne siamo certi?

In questi stessi giorni, alcuni gruppi di No vax romani, oltre a minacciare e aggredire medici e farmacisti, stavano organizzando una sorta di Woodstock negazionista di estrema destra, teorizzando complotti del tutto simili. Addirittura, alcuni di questi gruppi si sono appuntati sul petto la stella di Davide, simbolo storico della millenaria tradizione ebraica, accusando il mondo intero di volerli discriminare esattamente come avvenuto con gli Ebrei durante l’occupazione nazista di Roma. Notare la finezza sofistica: si strumentalizza uno dei fatti più dolorosi della Storia, generato dalla medesima filosofia irrazionalista che si professa, pur di continuare a teorizzare gli stessi complotti e a individuare nuovi nemici. Una forma di utilitarismo speculativo moralmente putrido, che cerca a tutti i costi di replicare il propagandismo nazista per mere finalità elettorali o di piccolo cabotaggio. Ma com’è possibile che, a distanza di tanti secoli, addirittura millenni, un simile odio giunga ancora sino a noi? Ebbene, siamo sempre nell’ambito del soggettivismo atomico privato di Alfred Rosenberg, l’ideologo del Partito nazionalsocialista: un detrito culturale egoistico, assertivo e fatalista, che giustifica ogni metodo, anche il più violento, in favore del dominio di una piccola élite di criminali al di sopra di ogni legge e sulla testa dei cittadini. Nel caso di Hitler e Rosenberg, per il dominio assoluto della razza ariana su tutti gli altri popoli.

Come si vede, il metodo è sempre lo stesso: questa gente ha continuamente bisogno di individuare un nemico, un gruppo sociale a sé stante, su cui scaricare tutte le colpe dei propri fallimenti. Lo stesso Hitler, che dopo la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale aveva cercato di infiltrarsi ai vertici del Partito socialdemocratico tedesco, li considerava capaci di condizionare interi pezzi del mondo politico della Repubblica di Weimar. In particolar modo nei Partiti di sinistra, attraverso i sindacati. Ecco perché, durante le proteste dei mesi scorsi, uno degli obiettivi individuati dai No vax, che in realtà sono neo-nazisti travestiti da rivoluzionari, è stata proprio la sede nazionale della Cgil. Secondo loro, i sindacati sono uno dei principali veicoli attraverso i quali il Nuovo ordine mondiale, gli Illuminati, i poteri forti e chi più ne ha più ne metta, impone il proprio modello di sviluppo ateo, scientista e anticristiano.

A prescindere da tali tesi deliranti, è bene ricordare, in un giorno come questo, le parole della filosofa Hannah Arendt, che nel 1961 decise di vestire i panni di una giornalista chiedendo al New York Times di inviarla a Gerusalemme, al fine di seguire, passo per passo, il processo ad Adolf Eichmann: l’organizzatore e pianificatore proprio di quei convogli ferroviari che deportarono 6 milioni di Ebrei verso le camere a gas. Ecco cosa scrisse al suo ritorno: “Eichmann era sprovvisto della capacità di mettersi nei panni degli altri. Eseguiva gli ordini che gli venivano imposti in modo superficiale, quasi automatico. Un uomo mediocre e ordinario, che conduceva un’esistenza quasi banale. Una banalità che egli applicava anche alle sue azioni, nonostante queste fossero causa di un immenso male”.

Spero sia chiaro, oggi, quale sia la vera ‘malapianta’ dalla quale dobbiamo continuare a guardarci: siamo di fronte alla radice di una malvagità capace di ogni cosa, che si mimetizza dietro gli atteggiamenti gommosi di persone totalmente prive di spina dorsale, abituate a mescolare ogni cosa all’interno di un idealismo mistico-escatologico, per non dire messianico. In una parola, siamo di fronte a una forma di fascismo prigioniero della sua stessa ideologia, incapace di uscire dai suoi consueti recinti per ritrovare la propria umanità. Gente inaffidabile e falsa, che impedisce ogni forma di progresso del genere umano, poiché annerita dal bisogno di una vita facile, quasi elementare, nella convinzione che per farsi spazio nella vita sociale di tutti i giorni si debba eliminare il prossimo, anche ricorrendo alla violenza o alla forzatura continuata, contro tutto ciò che si basa sul lavoro, sul diritto, sui meriti acquisiti, sull’amore verso gli altri.

Una religione demoniaca e irrazionale, non “un pensiero magico”, cara Conchita De Gregorio. Volete veramente sapere perché l’Italia risulta essere uno dei Paesi più anti-meritocratici del mondo? Perché siamo stati proprio noi a inventare il fascismo. Perché in quanto cattolici, non riusciamo ad accettare che il nostro male sia tutto il male e causa di ogni male.

 

(27 gennaio 2022)

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