di Daniele Santi, #politica
Un sondaggio di qualche giorno fa su La 7 oltre a parlare dell’avvicinamento di Carlo Calenda ai due candidati di cui tutti parlano come se non ce ne fosse nessun altro in corsa, dicevano una cosa che è passata del tutto inosservata. Se Calenda andasse ai ballottaggi vincerebbe sia su Michetti che su Gualtieri. La notizia è rapidamente scomparsa.
I motivi sono noti: Calenda non fa niente per essere simpatico, e francamente non è che noi nasciamo per piacere agli altri; non fa niente per fare il piacione, non la racconta e utilizza un tipo di comunicazione diretta, forse un po’ freddina ma efficacissima nel suo pragmatismo, che al mondo del giornalismo italiano bagnantesi negli endorsement ogni mattina, piace pochissimo.
L’intervistatore politico da giornalone tende, in questo paese, a non soffermarsi su ciò che l’intervistato dice realmente, ma su ciò che ritiene l’intervistato abbia detto, traducendolo – spesso a braccio, altrettanto spesso a cazzo – con il filtro della propria sensibilità politica. Ecco Calenda a questo gioco non c’è stato da subito e chi, come questo quotidiano, ha visto nella sua candidatura non soltanto la vera novità ma la possibilità reale di una candidatura vincente è stato spesso insultato, perché quando argomenti poi non gli resta che l’insulto, quando non deriso. Il sondaggio de La 7 in realtà, nella parte fatta cadere nel dimenticatoio subito, dice altro. Che è più o meno il nostro ragionamento.
Peraltro l’autore di questo articolo voterà a Torino e non a Roma. Quando si dice l’interesse personale…
(13 settembre 2021)
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