di Daniele Santi #Lopinione twitter@gaiaitaliaroma #Politica
Dall’alto del suo essere pochissimo, politicamente parlando, Alessandro Di Battista aveva regalato il suo risibile pensiero sulla politica USA il 22 dicembre del 2018. Ad ospitarlo il Corriere che regalava le perle dibattistiane ai coloro che ancora non si sganasciavano dalle risate a leggere solo i titoli.
Bravo Trump, presidente migliore di quel golpista di Obama (…) La Clinton avrebbe voluto far fare ad Assad la stessa fine di Gheddafi e la Siria vivrebbe ancor più morte e distruzione di quella che ha vissuto in questi ultimi anni (…) Trump sta andando contro parecchi poteri forti Usa. Andrebbe riconosciuto senza i paraocchi delle ideologie”…
Ecco l’illuminato parere di colui che dal 2013 al 2015 è stato vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, trumpiano convinto della prima ora, della seconda non c’è traccia, uomo che riesce a reinventare se stesso in molti e diversi ruoli nei quali opera riuscendo a peggiorare leggerissimamente le sue già poco pregevoli performance, ad ogni nuova uscita.
Ciò che dichiarava nel 2018 dovrebbe almeno trovare legittimo auto-sbugiardamento alla luce dei recenti fatti che sembrano però lasciare muto il più grande statista che la nuova politica italiana abbia partorito, Salvini a parte.
Lo raccontiamo al di là dei nostri pareri personali sul politico [sic] Di Battista, perché crediamo sia necessario, dopo i disordini negli USA nel post-elezioni, sottolineare l’importanza di dare un voto sensato, al di là delle ideologie personali, evitando i tribuni incendiari con poca preparazione e molti estremismi i cui effetti, nel medio e nel lungo periodo, sono quelli visti il 6 gennaio 2021 a Washington.
(7 gennaio 2021)
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