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I due anni in appello a Ignazio Marino (che non sono una condanna definitiva)

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di G.G. #Roma twitter@gaiaitaliacomlo #Marino

 

 

Due anni a Ignazio Marino sono la sentenza in secondo grado della Corte d’Appello. L’accusa all’ex Sindaco è di peculato per il caso delle cene a spese del Comune. la richiesta del Procuratore Generale della Corte d’Appello di Roma era stata di 2 anni e 6 mesi per falso e peculato e di assoluzione per il caso delle consulenze della sua onlus.

L’ex sindaco era presente in aula e, scrive La Stampa, “ha consegnato alla Corte due memorie raccontandole in aula e spiegando – in maniera più concisa – quanto già detto nel corso della scorsa udienza: «Vorrei affermare con grande chiarezza che mai nella mia vita e nelle miei funzioni da sindaco ho utilizzato denaro pubblico per motivi personali». L’ex sindaco di Roma ha ricordato di aver donato nel 2014 diecimila euro del suo salario alla città, e di non aver mai chiesto rimborsi al Campidoglio neanche quando, cancellò una vacanza privata negli Stati Uniti trasformandola in incontri di lavoro con il presidente della Roma James Pallotta e il sindaco di New York Bill De Blasio. Afferma inoltre di essere una persona trasparente: «Spontaneamente mi presentai in procura – ha spiegato – e offrii a chi indagava su di me le chiavi della mia agenda elettronica». Infine il chirurgo aveva ricordato davanti alla corte di aver rinunciato allo stipendio da senatore ancora prima della sua elezione a primo cittadino, «lasciando oltre ottantamila euro nelle casse pubbliche», aveva spiegato l’ex sindaco: «Se sono un ladro, sono un ladro scemo e incapace di intendere e di volere».”

Enzo Musco, avvocato di Marino, ha spiegato in aula che verificandosi il problema delle carte di credito utilizzate da Marino a due anni dall’insediamento è giustificato il ricordo lacunoso delle circostanze parlando di “meno di due cene istituzionali al mese per il sindaco di una città che è tra le più importanti del mondo”.




(12 gennaio 2018)

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