di Nando Bonessio, consigliere dell’Alleanza capitolina Verdi-Sinistra
I venti di guerra sono tornati a soffiare sempre più forti anche sull’Europa. Quella che per il ‘nuovo continente’ era solo una eventualità remota, una tragedia che colpiva solo paesi e popoli relativamente lontani, oggi è un tema quotidiano e socialmente radicato che interessa da vicino tutti i cittadini europei.
L’ultimo conflitto che l’Europa ha vissuto in prima persona si è concluso nel 1945. Da allora ci sono intere generazioni di italiani che non hanno vissuto la guerra e non ne conoscono le drammatiche conseguenze ma che rischiano di passare dal ruolo di distratti spettatori a quello di ignari protagonisti.
Quello che più preoccupa, osservando l’attuale scenario internazionale, è la totale inerzia della politica, in particolare europea, che non sta facendo assolutamente nulla per provare a costruire un mondo di pace.
Anzi, l’unica risposta in atto è la corsa al riarmo. Lo stiamo facendo, ad esempio, continuando ad armare l’Ucraina. Ma è anche quello che stanno facendo molti paesi dell’Unione Europea, tra cui la Germania che, già costretta al disarmo nel 1945 da Russia, Stati Uniti, Inghilterra e Francia, con il divieto di avere un proprio esercito offensivo e comprare armi fino al 1989, quest’anno spenderà 100 miliardi per acquistare armamenti per l’esercito tedesco.
La sensazione è che rispetto ai venti di guerra l’Europa stia facendo di tutto per alimentarli.
In questo senso anche la Nato, istituita come patto per la “difesa internazionale” e come istituzione capace di promuovere i valori democratici e risolvere pacificamente le controversie, sembra marciare in direzione opposta rispetto ai suoi principi fondanti, invitando addirittura a prepararsi allo scontro perché ‘più ci prepariamo per il lungo periodo, prima possiamo terminare il conflitto’.
Un paradosso che sembra spingerci verso un punto di non ritorno: la terza guerra mondiale.
Rispetto a questo scenario profondamente preoccupante non c’è traccia di alcuna attività diplomatica volta a disinnescare il ‘sentiment’ bellicoso che pervade l’Europa. Sembra che non ci sia alcuna volontà di provare a invertire la rotta.
Eppure, esistono ancora forze pacifiste che in Italia, durante il voto in Parlamento, hanno avuto il coraggio di votare contro il riarmo e contro l’utilizzo di fondi UE da destinare all’acquisto di armi. Forze politiche che hanno chiesto la nascita di contingenti di pace europei anziché di forze armate UE.
Il mio personale auspicio è che i cittadini europei di tutti i paesi scelgano di stare dalla parte delle forze politiche che vogliono realmente attuare politiche di pace perché è in gioco il nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti. Ma anche perché solo i costruttori di pace possono contribuire a creare un mondo più giusto, sicuro e sostenibile per tutti.
Avviare colloqui di pace non è mai sinonimo di debolezza e l’attività diplomatica non è certo una dichiarazione di resa. Costruire la pace e relazioni di solidarietà è una scelta di libertà che ci interpella singolarmente e che dipende anche dal nostro impegno attivo quotidiano.
(7 giugno 2024)
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