di Angela Infante
Una sinfonia sorda, composta di parole che tutte conosciamo, che tutte abbiamo gridato in un’attesa che non ha più il tempo di aspettare”. Così pensavamo… E’ un altro 25 novembre, doveroso ovviamente, con flussi di immagini e frasi fatte che abitano febbrilmente i giorni antecedenti a questa data.
Le nostre coscienze si agitano, i nostri pensieri si irrigidiscono, le nostre emozioni sono in movimento…donne, è il 25 novembre. Tutto questo “rosso”, dalle copertine dei magazine agli slogan, composti di frasi fatte e un po’ scontate, attaccati senza emozione sui muri di ogni città, dalle immagini che scorrono sui canali TV alle iniziative istituzionali; tutto questo “rosso” racconta di noi donne e delle nostre lotte, della paura che impercettibilmente ci assale, all’improvviso e non solo al buio, ma alla luce del giorno e alla luce di chi dice di volerci bene… di questo non ci si può ricordare solo il 25 novembre.
Questo è un grido di richiesta di un rispetto che non deve avere solo lo spazio di una giornata, ma la lunghezza di una vita e di tutte le vite. È cosa nota che i restanti giorni dell’anno siamo carne da macello, corpi con poco cervello, corpi che usiamo per fare carriera e, non vogliatemene, involucri per nascite, spesso non desiderate. Che dite potremmo cominciare a dire che siamo stanche, meglio “ci avete frantumato”….?
Non si racconta volutamente di una storia al femminile, si narra di una cultura maschile e maschilista eroica; vogliamo iniziare anche a raccontare la fatica che abbiamo fatto, la frustrazione che abbiamo dovuto subire per poter solo immaginare di “meritarci” una storia e costruire una strada percorribile per arrivare a un altro “meritato” 25 novembre? No grazie, se dobbiamo continuare in questo modo anche no.
(24 novembre 2022)
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