di Vittorio Lussana
A Roma, in questi giorni, una turista croata è stata investita da un albero colpito da un fulmine a Villa Borghese. Nulla di grave: si è solo fratturata una gamba e, attualmente, è ricoverata al reparto ortopedico del Policlinico Umberto I. L’attuale assessora all’Ambiente di Roma Capitale, Sabrina Alfonsi, ha telefonato più volte in ospedale per accertarsi delle condizioni della donna. E gli addetti del Servizio Giardini di Roma Capitale hanno indagato sull’accaduto, confermando la ricostruzione sia della turista, sia del marito. Resta il fatto che, farsi trovare nelle vicinanze degli alberi durante un temporale o in uno di quei giorni storti che, in primavera, a Roma capitano regolarmente, rappresenta un’ingenuità che ci viene insegnato di evitare fin dalle scuole elementari. Ma tant’è: si trattava di una fisioterapista croata, in effetti.
Parlando di giornate storte, bisogna sapere che, da interi millenni, non c’è romano che riesca a evitare, anno dopo anno, la consueta “doccia per strada”, come viene chiamata da queste parti. Roma ha un clima invidiabile: in inverno, fa veramente freddo per pochissimi giorni, mentre l’estate dura praticamente 6 mesi. Ma in primavera, una particolarità della città dei 7 colli è proprio quella di divertirsi a fare dispetti: almeno una volta l’anno, Roma deve farti il gavettone di pioggia. A tutti, sia chiaro: nessuno escluso.
Si tratta di temporali che non durano granché, molto simili a quello della partita Scapoli vs Ammogliati descritta divinamente da Paolo Villaggio nel primo volume di “Fantozzi” (Rizzoli, 1971). Acquazzoni capaci di scaricare, tutta insieme e in brevissimo tempo, una quantità d’acqua terrificante. Si tenga presente che, anche quest’anno, la rituale doccia per strada al sottoscritto è già capitata: dovevo solamente attraversare la strada e correre verso il portone del mio stabile. Ebbene, nonostante la distanza ridotta, ciò non è bastato a evitarmi il solito scherzetto di primavera. “Anche quest’anno t’ho fregato…”, ti sussurra Roma in un orecchio…
Esattamente nello stesso giorno di tali fatti, ovvero domenica 3 aprile, la nota famigliola di cinghiali di Roma Nord, già protagonista di tante avventure, ha deciso di farsi un picnic nell’aiuola centrale di piazza Irnerio, in zona Cornelia, proprio all’inizio della via Aurelia. Attualmente, vivo proprio da quelle parti e sono preoccupato: sembra quasi che questi stravaganti suini mi stiano cercando. Notizia dopo notizia, si avvicinano sempre più alla zona Cornelia-Boccea: un quartiere divenuto un gioiellino negli anni ’80 del secolo scorso, nonostante le sue evidenti origini popolari. E’ un po’ la Montesacro del quadrangolo di nord-ovest, con l’Aurelia che inizia da qui per arrivare sino a Ventimiglia, al confine con la Francia. Una volta conoscevo persino due fidanzatini che abitavano sulla stessa strada, cioè la via Aurelia: lei qui a Roma; lui a Pietra Ligure, in provincia di Savona. Altre stranezze che accadono solo da queste parti…
Infine, due parole sull’argomento che sta andando per la maggiore tra i romani: il Carbonara Day. Si terrà sui social il prossimo 6 aprile e le discussioni, nei bar, sono infuocate da giorni: “Ci vuole il ‘guanciale’, non la ‘pancetta’ dolce; il soffritto fallo a parte; e la ‘cremetta’ nun la devi fa’ raggruma’, chell’ovo sur foco crea brutti scherzi…”. Discussioni a non finire in merito a un argomento di cui ognuno si autocertifica esperto indiscusso. La divisione tra guancialisti e pancettari è praticamente ideologica. E, in effetti, c’è da dire che il piatto in questione un po’ si presta a interpretazioni creative, evolvendosi in dottrina. Un culto coltivato a lungo, tra i vicoli di Roma. E infatti, si tratta del mio piatto preferito: l’unico in grado di cambiarmi l’umore anche quando è nero. Quasi come le goccette di fiori di Bach.
(4 aprile 2022)
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