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“Immaginaria”, edizione numero 16, apre col magnifico “Aos Nossos Filhos” inedito in Italia

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di Alessandro Paesano, #recensioni

Magnifica scelta quella di Aos Nossos Filhos (t.l. Ai nostri figli) (Brasile, 2918) di Maria De Medeiros film di apertura della sedicesima edizione di Immaginaria Festival internazionale di film di lesbiche e altre donne ribelli, come recita il sottotitolo, chissà perché in inglese, che, chi scrive, preferisce restituirvi in italiano.

Il film, tratto dall’opera teatrale omonima di Laura Castro (che riprende il titolo da una canzone degli anni 70 nella quale, in piena dittatura militare, si parlava del regime senza citarlo apertamente), è il ritratto di due generazioni di donne brasiliane, quella che affronta la modernità del matrimonio egualitario (Tania e Vanessa, che impegnano forze e denari nella ricerca di una gravidanza assistita che non riesce), e quella di chi ha vissuto la dittatura sulla propria pelle (Vera, la madre di Tania, donna ribelle e comunista) che ha subito la repressione del carcere e delle torture.

fotos: Andréa Testoni e Eduardo Martino / Zuppa Filmes


Maria De Medeiros
A dirigere il racconto elegante, fatto in punta di piedi e scevro da scene madri ed esagerazioni, è la portoghese Maria De Medeiros, già attrice feticcio di Manoel De Oliveira  – e ricercata ovunque, la ricordiamo nello splendido Riparo (Italia/Francia, 2007) del nostro Mario S. Puccioni –  che ha al suo attivo 11 regie (e non è alla prima come dubbiosamente affermato al Festival prima della proiezione) che qui firma anche la sceneggiatura (assieme a Laura Castro che interpreta, come a teatro, il ruolo di Tania) e il montaggio.

La Storia, lo stile
La scena d’apertura stabilisce lo stile del racconto, personale e complesso: Tania e Vanessa sono a letto, Tania studia, Vanessa dorme. La telefonata inattesa della madre di Vanessa, che la giovane donna rifiuta sveglia Vera e il risveglio si trasforma in un momento di intimità sessuata, nel gioco di seduzione della quale, entra anche una discussione sulla la fecondazione assistita che Vanessa è stanca di subire (ma come non ti piace sentirmi dentro di te?)  e che finisce improvvisamente quando Vanessa si lascia scappare Forse hai un problema con tua madre.

Commedia, film realistico, cinema di poesia, racconto di denuncia, sono sviluppati insieme in un qui e ora dove dolore e ilarità coesistono in un equilibrio straordinario.


Ognuna ha dei pregiudizi

Nessun personaggio è completamente positivo o negativo.

Così se Vera critica le scelte borghesi di sua figlia e di sua cognata che preferiscono ricorre alla fecondazione assistita invece dell’adozione (Vera dirige una casa di accoglienza per bambini e bambine sieropositive) arrivando ad accusarle di comperare un figlio (discorso tristemente conosciuto anche qui da noi…) Tania, un giorno che sua madre soccorre uno dei bambini del centro, che si è ferito e perde sangue, si lascia scapare un mamma tenta!!! che tradisce tutto il pregiudizio sull’hiv che alberga in Tania (ma come con tutta la tua militanza non sai che non c’è rischio ? le dice Vera).

I pregiudizi non risparmiano nessuna persona.


Lo scontro generazionale e quello di classe
Il pubblico assiste così a un confronto generazionale cui fa da pendant anche quello di classe. Quando Vera rifiuta un prestito alla figlia per l’ennesimo tentativo di concepimento (dopo che il padre della ragazza, dal quale la madre è separata, le ha già prestato i soldi tre volte…)   Tania è costretta a vendere la macchina per avere i soldi eppure ha appena vinto un concorso come giudice… Mentre una coppia di facoltosi amici gay di Tania vuole adottare uno dei bambini ospiti della casa di Vera (la quale prima li sostiene ma poi, quando il bambino che vogliono adottare le dice che con loro si annoia, rifiuta di avvallare la richiesta di adozione).


La verità c’è
Il film (come l’opera teatrale) non si schiera con nessun personaggio che non ha mai la verità in tasca, anche se una verità c’è (come risponde Vera alla figlia che invece è convinta del contrario), ma bisogna saperla cercare.


Dai simboli di un vissuto traumatico…
I fili di questa trama si alternano ad alcuni elementi narrativi che, a una prima lettura, sembrano essere messi lì per la loro valenza simbolica: la paura di Vera per gli scarafaggi, un sogno in cui gli stessi le entrano nella vulva, la presenza fantasmatica di un coccodrillo nel bagno di Vera.
Tropi che si rivelano essere non già la cifra di un inconscio fantasioso ma gli effetti dell’incarcerazione subita da Vera i cui dettagli, il parto in carcere (ecco il perché degli scarafaggi, attratti dal liquido amniotico), le torture con i coccodrilli, vera racconta al figlio di una sua amica, compagna di cella che vuole sapere qualcosa di più su sua madre. Grazie a questo racconto-confessione Vera riesce anche a celebrare il funerale del figlio che ha partorito in carcere e che è morto subito dopo, rinunciando alla speranza di poterlo un giorno sapere in vita  (ma il film lascia aperta la porta ad altre letture).


…a quelli dei problemi attuali di democrazia del Brasile
Altri dettagli denunciano invece l’emergenza di una mancanza di democrazia in Brasile (ma ogni paese è mondo) come l’improvvisa incursione della polizia nella casa di accoglienza di Vera alla ricerca di un evaso, in violazione dei diritti umani  (nessuna autorizzazione del giudice, le armi puntate contro Vera e i bambini e le bambine) oppure le continue sparatorie, tra forze di polizia e narcotrafficanti, che lambiscono la casa di accoglienza.

Il film riesce a restituire la complessità di una manciata di vite con una onestà e un acume che fanno invidia. E nel finale, e che non riveliamo per ovvi motivi, si dimostra che, nonostante tutto, sono le relazioni tra le persone la vera ricchezza, il collante umano, le emozioni da coltivare in un mondo ostile e oscuro.

Il film viene replicato stasera alle 21.00. Impossibile rinunciarvi.

 

(19 giugno 2021)

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