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“Stupenda ce sarai te, io so’ favolosa”, questa era La Karl Du Pigné al secolo Andrea Berardicurti, morto a 61 anni

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di Alessandro Paesano #LaKarlDuPigné twitter@gaiaitaliacomlo #RomaLGBT

 

 

La prima volta che ho parlato con La Karl du Pignè fu per dirle che era stupenda.
Lei mi guardò dall’alto dei suoi tacchi a spillo e mi rispose, precisa e tagliente come sempre, tesoro stupenda ci sarai tu io sono favolosa.

In questa iperbole meravigliosa La Karl, al secolo Andrea Berardicurti, attestava un’estetica artistica da Drag Queen, un modo, camp, di stare sulla scena e nel mondo. Anche  questa sua iperbole, come  le  esagerazioni del femminino che performava sulla scena, non sono però mai state fine a se stesse, non sono mai state recitate per il gusto di farlo, per la loro superficie glamour. Andrea Berardicurti aveva fatto del suo alter-ego La Karl Du Pigné strumento di un pensiero critico, lucido, autoironico e sottile come un bisturi, di rara intelligenza come quando, sulle pagine elettroniche di Gaiaitalia.com Notizie a proposito dell travestitismo scrisse delle righe illuminanti che Rosario Coco ed io abbiamo ripreso nel  nostro stylebook:

Sarà un po’ perché erano gli anni Settanta (io me li ricordo, ahimé da una parte e menomale dall’altra) con le occupazioni nelle scuole, le riunioni dei collettivi, il femminismo e ricordo che quando ascoltavo le mie amiche parlare di corpo, di desiderio, di sessualità libera, di autodeterminazione, come una sciocchina pensavo che erano tutte cose che volevo anche io e quindi per un po’ di tempo ho vissuto con l’idea di essere una donna nata in un corpo non suo, troppo vicini erano quegli ideali ai miei. Ma ero piccolina e con il tempo ho capito che per condividere quelle robe lì e poi rielaborarle non serviva essere donna. (Il Manganello del La Karl du Pigné: “C’era una volta Stonewall e forse c’è ancora” gaiaitalia.com 25 maggio 2014).

Da quella battuta favolosa sono trascorsi tanti anni, anni di militanza, di incontri nei corridoi del Mario Mieli, sono trascorse marce, manifestazioni di protesta e sostegno per una comunità vituperata e discriminata, tra sorrisi e ammiccamenti perché riconoscevamo l’uno nellaltra la stessa urgenza  di esserci, di dire la nostra, di lottare. La sua scomparsa improvvisa ci turba, perché un amico è venuto a mancare ma anche perché ci ricorda che prima o poi tocca a tutte e a tutti, anche a noi che ci crediamo immortali e immortali non siamo. E non ci rimane che scrivere, con un tono che non le sarebbe piaciuto per niente alla Karl che la sua morte lascia un vuoto incolmabile e che davvero ci piacerebbe sapere come Andrea Berardicurti, che ha sempre sdrammatizzato con l’intelligenza della saggezza, sdrammatizzerebbe questo, che è uno di quei momenti che ci tocca vivere e che vivere non vorremmo mai.

 





 

(5 settembre 2018)

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