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Il doppio cognome ai figli, la “libertà” e il non capire nemmeno quello che si legge

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di Daniele Santi

C’è del ridicolo negli strali e nelle grida che l’italico popolo, impegnato a comunicare via social la sua bravura e competenza su tutto lo scibile umano, ha lanciato subito dopo la decisione della Consulta sul “doppio cognome” ai figli, una sentenza che dice formalmente “potete fare quello che più vi aggrada”. Certo la Consulta non ha considerato che per fare ciò che si vuole bisogna decidere e, non ce ne voglia il presidente Amato, “decidere” è cosa complicata come spiega in modo articolato in questo suo pezzo per Gaiaitalia.com Notizie, Vittorio Lussana.

Si è davvero scatenato un putiferio impensabile se persino un uomo come Guido Crosetto, compassato e una delle poche teste sul serio pensanti che la politica italiana possa vantare, uomo che sulle barricate non ci si mette mai, è sceso in campo con un tweet dove ha sintetizzato la decisione della Consulta.

Dunque ecco rapidamente liquidata l’ennesima questione nella quale gli Italiani hanno dato l’ormai consueta prova, tra le tante, di non essere in grado di capire nemmeno ciò che leggono e che è scritto in maniera chiarissima. La questione è riassumibile in quel “potremo fare ciò che vogliamo, basta essere d’accordo” senza che nessuno imponga nulla. Ma nemmeno l’essere liberi va bene, perché costringe a decisioni adulte, e in questo paese “decisioni adulte” non se ne vogliono prendere più. Così si contesta inneggiando “alla libertà” anche una decisione che restituisce libertà.

Sentirsi costretti a discutere – a fare casino, per dirla tutta – anche su un provvedimento del genere perché c’è chi si inalbera gratis fa quasi tristezza; come vedere come hanno ridotto questo paese l’ignoranza, l’incultura e la protervia: che son sorelle. Naturalmente tutto questo al netto delle argute proteste di Pillon

 

(30 aprile 2022)

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