di Paolo M. Minciotti #LGBTI twitter@GaiaitaliaRoma #Tricolore
Nel 1982 la cantante Mina, che abitava in Svizzera, a Lugano, da una decina circa di anni, pubblica il suo consueto album autunnale chiamandolo Italiana. Come a dire vivrò anche in Svizzera ma sono ancora italiana, complici i mondiali di calcio che quell’estate ci avevano visti Campioni del Mondo dopo aver vinto 3 a 1 la finale contro l’allora Germania Ovest.
Nel 2003 Gaber canta Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono, e poi muore. L’album che contiene la canzone esce postumo.
In tempi di globalizzazione l’appartenenza nazionale è ormai percepita solamente come espressione di uno sciovinismo relegato ai nostalgici, mussoliniani e non, dell’Italia di un volta, in quella, cioè quando Gaber era vivo e Mina faceva ancora la televisione.
A Roma, le panchine di piazza Gimma, nel quartiere Salario, sono state dipinte coi colori della bandiera Rainbow grazie a una mozione approvata dal Consiglio del municipio II il 29 settembre u.s.
Le panchine sono state così dipinte perché, si legge nella mozione [costituiscono] un gesto simbolico ma di grande valore sociale poiché risponde all’obiettivo di sensibilizzare il maggior numero di persone sul tema delle discriminazioni verso le persone LGBT+ promuovendo così una cultura della diversità e condannando gli episodi di discriminazione e violenza .
Critica l’opposizione di centro destra che ha definito l’iniziativa una carnevalata.
Nella notte tra il 26 e il 27 novembre, appena qualche giorno fa, 9 persone, otto maggiorenni e un minorenne, vicini ad ambienti di estrema destra, hanno ricolorato col tricolore una delle panchine della piazza. Fermate e identificate dalle forze dell’ordine del commissariato Vescovio, sono state accusate di danneggiamento e deturpamento di cose altrui, anche perché, nella fretta, la ricoloritura ha sporcato l’impiantito della piazza.
Sconcerta che la bandiera identitaria della nostra Repubblica possa essere usata come strumento di censura, usando i colori nazionali per nascondere quelli dell’arcobaleno come vi fosse incompatibilità tra l’italianità e le persone lgbt.
Una mossa furba che tende la trappola di far considerare e descrivere come atto vandalico l’impiego del tricolore, una bandiera che, che lungi dall’essere antagonista è la controparte di quella arcobaleno diffusa e difesa da un atto politico del Municipio II che è squisita emanazione di quella Repubblica che il tricolore rappresenta e ribadisce.
Così mentre il Consiglio dei Giovani del II Municipio, per voce del suo presidente Lorenzo Sciarretta, commenta il fatto definendolo un gesto violento e omofobo – chiamando l’intera cittadinanza al presidio che si terrà in piazza Gimma domenica 6 dicembre alle ore 11.30 in difesa dei diritti di tutti e tutte, Arcigay per voce del suo presidente Francesco Angeli, che si augura che le panchine siano immediatamente ripristinate, simbolo di chi non abbassa la testa ad atti vandalici e d’odio omotransfobico, cade nella trappola con entrambi i piedi.
Interessante la posizione di Gaynet Roma che respinge al mittente questo nazionalismo da operetta e propone che accanto alle panchine arcobaleno nelle nostre piazze, che auspichiamo sempre più numerose, ci sia una panchina tricolore a ricordare la nostra Costituzione fondata sulla resistenza e sull’antifascismo, che si impegna a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Aderendo al presidio del 6 dicembre.
Il tricolore è di tutte le persone che vivono e soggiornano in Italia, di cittadinanza italiana e non, comprese quelle lgbt. Vallo a spiegare ad Arcigay…
(29 novembre 2020)
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