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La XII Festa del Cinema di Roma è finita

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di Alessandro Paesano #RomaFF12  twitter@Ale_Paesano

 

Mentre gli operai smontano il Villaggio del cinema e l’auditorium può riprendere la sua “routine” musicale due righe di conclusione su una edizione faticosa e affaticata.

Intanto il premio del pubblico (Aleatorio quanto mai visto che il pubblico vota i film che vede non tutti i film “in concorso”) va al biopic  Borg McEnroe (Svezia, Danimarca, Finlandia, 2017) di Janus Metz Pedersen che non abbiamo visto e de quale dunque non possiamo parlarvi. Pocomale, lo faremo in occasione della sua uscita nelle sale italiane, il prossimo 9 novembre (distribuito dalla Luckyred).

Un’edizione questa dodicesima che non brilla certo per la selezione dei film, ma essendo la festa legata alla distribuzione non è certo responsabilità sua bensì del mercato, cioè della distribuzione italiana, anche quella di qualità (come la Luckyred). Quello che però ci sembra abbia funzionato meglio degli altri anni, o, più semplicemente, di più,  è la partecipazione popolare, tanto quella del pubblico pagante, tanto quella degli accrediti culturali, portati da un pubblico giovanissimo che va al cinema con un entusiasmo che noi più navigati, in parte, abbiamo perduto.

Un bilancio che non può essere che positivo perché adempie a una funzione insostituibile: portare le persone al cinema, rinverdire l’esperienza collettiva della visione del film in sala e non più solo davanti a quei kinetoscopi contemporanei che sono gli smartphone, i tablet e i pc da tavolo e portatili sui quali tutti, anche chi scrive, vediamo sempre più film.

Una festa consolidata la quale necessita di un cambiamento della dirigenza organizzativa (quella che decide non i contenuti ma le modalità di svolgimento) che, soprattutto quest’anno,  ha dimostrato scarso rispetto per il pubblico e la delicatezza di un elefante nel classico negozio di cristalli.

Così quest’anno è la dirigenza della quale chiediamo la testa anche su un vassoio di cartone, basta che ce la diate.

Perché va bene se maltrattate la stampa, che sa difendersi, ma maltrattare il pubblico con proiezioni spostate all’ultimo momento, obbligo di lasciare le borse personali a un guardaroba improvvisato (solamente per la sala esterna), e una mancanza di informazione strutturale sulla precedenza che i biglietti paganti hanno sugli accrediti (nessun cartello, nessuna segnale, nessun avviso) è un peccato mortale, un errore imperdonabile, un comportamento fascista cioè prepotente.

L’unica informazione disponibile è stata lasciata allo zelo delle maschere che lavorano per la festa e devono far eseguire anche quegli ordini dati con superficialità come quello di far spostare il pubblico come un pacco postale dove fa più comodo all’immagine della festa non certo a chi vede i film da un management incapace e cialtrone.

Un management che speriamo venga rottamato una volta per tutte.

E con questo augurio ci mettiamo in attesa speranzosa della prossima edizione della Festa.




 

(6 novembre 2017)

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