di Vittorio Lussana #PensieriniRomani twitter@GaiaitaliaRoma #Politica
Dispiace, un poco, rimanere perplessi sulla ricandidatura di Virgina Raggi a sindaco di Roma. Non ci poniamo problemi di coerenza rispetto alla questione, tutta ‘grillina’, del terzo mandato: quello da consigliera comunale potrebbe anche essere considerato una sorta di ‘praticantato’. E siamo anche noi favorevoli a una misura che non generi un eccesso di professionismo politico, che qui da noi non ha mai favorito la competenza, bensì il cinismo qualunquista. Se da una parte, l’immobilismo dei tempi di Andreotti – sempre in mezzo alle ‘scatole’ dal 1946 sino al giorno della sua dipartita – era indubbiamente eccessivo, dall’altra, una selezione priva di criteri ha rappresentato l’eccesso opposto. Pertanto, se i ragazzi a ‘5 stelle’ riusciranno a trovare una formula di equilibrio, potrebbero persino ricavarne del merito, in futuro. La nostra obiezione nei confronti di Virginia Raggi alla guida del Campidoglio si basa, dunque, su altre questioni. Oggi, la ragazza si è finalmente ‘inquadrata’ e ha compreso cosa significa guidare una ‘macchina’ amministrativa dalle dimensioni mastodontiche come quella di Roma Capitale. Siamo, infatti, più o meno sugli stessi livelli di un vero e proprio ‘ministero-chiave’, come il Viminale o la Farnesina: ambienti che prevedono una lunga fase di ‘orientamento’. Ma in queste cose, le tempistiche di Virginia Raggi, in qualunque questione o da qualsiasi materia venga investita, sono del tutto particolari e hanno denotato ‘passaggi’ non sempre corretti, che contemplano i classici difetti delle ‘principessine’ della media borghesia romana: dalla bugia al ‘piangino’, dalla crisi di nervi al ‘voltafaccia’ improvviso, spesso giustificato con motivazioni poco plausibili. Insomma, alla fine del suo mandato da primo cittadino della capitale d’Italia, Virginia Raggi non si è certamente classificata all’ultimo posto, ma non è neanche piaciuta un granché. Non è la ragazza che incontra, né ha mai incontrato, i nostri gusti, punto. Non abbiamo mai apprezzato i suoi modi d esprimersi, né le ‘pappardelle’ che si ‘autoregistra’ nel cervello, anche se non è una ‘finta-bisbetica’ alla Giorgia Meloni. Non è colpa di nessuno: in certe cose, non vige affatto il dogma del ‘mai dire mai’, bensì la sacrosanta regola della scelta. E noi, Virginia Raggi non la sceglieremmo neanche per una vacanza in campeggio. Nessuno la prenda a male, per favore: è una semplice questione di gusti. Un po’ tradizionali, forse, ma per lo meno noi li abbiamo. Al contrario della maggior parte dei ‘maschi latini’ in circolazione.
(12 giugno 2020)
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