Poco più di una settimana fa la Società Geografica Italiana presentava un rapporto nel quale si afferma che entro il 2100 quasi la metà delle coste italiane saranno sommerse dal mare.
L’innalzamento dei mari dovuto al cambiamento climatico provocato dall’uso massiccio di combustibili fossili, la subsidenza naturale, ma soprattutto indotta dalle estrazioni prefigurano uno scenario apocalittico con le conseguenze di evacuazioni per circa un milione di persone, perdite di biodiversità e di terreni agricoli. Non è il primo studio ad avvisare di tale rischio, prima uno studio dell’ENEA e addirittura della NASA sono arrivati alle medesime conclusioni. Quasi contemporaneamente, a seguito di una sentenza del TAR che sblocca lo stop a nuove esplorazioni nella ricerca di idrocarburi ha consentito al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di rilasciare 34 licenze di esplorazione a importanti compagnie del fossile come Eni e Shell.
L’annullamento del TAR del Lazio del Piano per la transizione energetica sostenibile, evidentemente, non tiene in debito conto il dissesto idrogeologico e l’inquinamento prodotto in molte zone del nostro Paese.
L’Eni e altre multinazionali petrolifere sfruttano la condiscendenza ideologica di Governi ai quali poco interessa coinvolgersi in un programma di salvaguardia della salute e dell’ambiente che, con un minimo di lungimiranza, capirebbero converrebbe anche all’economia che ristagna insistendo su vecchi modelli produttivi ornai inadeguati.
Riproporre le estrazioni di idrocarburi è solo un danno a 360°, ma siamo pronti, anche stavolta e come sempre ad opporci.
Così la nota stampa a firma Polesine No Trivelle e Rete No Rigass No Gnl ricevuto in redazione e pubblicato integralmente.
(6 novembre 2025)
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