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Elezioni amministrative: sarebbe meglio superare lo schiamazzo liceale di una politica “luna park”

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di Vittorio Lussana

I risultati del test amministrativo di questi giorni appaiono chiari: laddove il centrosinistra si presenta unito, vince tranquillamente. Genova non era affatto un successo scontato. Anzi, veniva considerata una città contendibile da molti osservatori. Invece, la vittoria di Silvia Salis già al primo turno ha fatto suonare un campanello d’allarme tra le forze di centrodestra italiano.

Ravenna era una provincia tradizionalmente e pacificamente di centrosinistra, mentre Taranto e Matera, che andranno al ballottaggio, segnalano un sud particolarmente scontento delle politiche governative. Tuttavia, noi consigliamo alle forze progressiste di non cantare vittoria troppo presto, perché le consultazioni politiche nazionali sono un tipo di elezioni molto diverse da quelle locali e il Rosatellum non aiuta, poiché tende a consegnare l’intero nord/est a quel populismo tradizionalista molto sensibile al vento sovranista che soffia dall’Europa nord-orientale.

Servirebbe, insomma, una riforma elettorale che metta il Paese nelle condizioni di fotografare meglio la situazione, riequilibrando il sistema dei collegi uninominali pur mantenendo quel principio maggioritario che serve a indicare una coalizione di governo stabile sul piano nazionale. Noi saremmo interessati a un proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento non troppo alti, ma tant’è: non ce la sentiamo di chiedere troppo a un ceto politico fortemente regredito, già in difficoltà nell’andare oltre l’area del rettangolo e le addizioni contate sul naso.

Il centrodestra, nonostante le sbandate della Lega, a nostro parere, rimane l’alleanza più stabile: l’aziendalismo gerarchico riesce a contaminare anche le forze più sbilanciate e demagogiche, mantenendo però il Paese prigioniero di una palude oscurantista, arretrata e velleitaria. Un progetto di rafforzamento della gamba laico-centrista, in grado di attrarre alcuni ambienti consapevoli di vivere nel XXI secolo, servirebbe come il pane. Non che si rimpianga la funzione catalizzatrice di Silvio Berlusconi, per carità. Tuttavia, lo sprofondamento sovranista ha finito col far saltare quella cerniera laica in grado di normalizzare i rapporti tra i diversi schieramenti politici, polarizzando il confronto collettivo o nazionale che dir si voglia.

Il vero problema della deriva sovranista possiede cause più profonde, rispetto alle liti e ai dissapori interni alle due coalizioni: si è sostituito il dibattito tra due visioni incomplete ma verosimili, con quello tra due populismi con pretese insostenibili, totalmente immaturi dal punto di vista sia della programmazione politica, sia della stabilità di governo.

In un certo senso, le forze post fasciste e quelle post comuniste, pur avendo attraversato interi decenni di odio e rivalità reciproca, paradossalmente si conoscono tra loro, in una sorta di buffa specularità. Il vero problema rimane il centro degli schieramenti, divenuto una sorta di trappola per chiunque provi ad addentrarvisi per costruire una camera di compensazione di qualsiasi genere e tipo.

Questi sono tutti ragionamenti che cozzano, ovviamente, contro il richiamo delle demagogie tribunizie, che rimane il limite principale di molte forze politiche: la Lega di Salvini, per esempio, è letteralmente in preda a un qualunquismo disposto a tutto pur di ottenere visibilità mediatica, mentre invece servirebbero serietà, competenza e una più robusta esperienza politica, dato il particolare contesto storico.

Le piattaforme programmatiche: questo è il vero nodo della questione, a fronte di un elettorato che odia certe diciture politichesi, pur comprendendo di venir regolarmente raggirato dalla propaganda politica, sia da quella progressista, sia quella conservatrice. Tuttavia, un dosaggio migliore tra promesse impossibili e un sano pragmatismo di governo siamo certi che sarebbe bene accolto. Anche con qualche segnale d’immagine.

Il Partito democratico, per esempio, deve riuscire a comunicare meglio, se vuol essere l’ammiraglia di una flotta in grado di rimettere il Paese in navigazione. Non si può mantenere una linea politica che sembra uscire da un Consiglio di classe composto da professorini noiosi e dispersivi. Al contrario, una certa tendenza verso lo schiamazzo liceale continua ad attraversare lo schieramento di centrodestra, con alcuni ministri assolutamente poco lucidi, accompagnati da altri alquanto impelagati in casi controversi o in vicende poco decorose.

Insomma, alcune suggestioni sono da rivedere nel fronte conservatore, al fine di uscire da una sorta di luna park alla perenne ricerca di nuovi fenomeni da baraccone. Perché si sta correndo il rischio che la democrazia prenda il suo ultimo treno.

“Senza passare dalla stazione”, citando il poeta.

 

 

(27 maggio 2025)

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