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Caro ministro Giuli, ora tutto è chiaro

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di Vittorio Lussana

Nei giorni scorsi, il neo-ministro dei Ben culturali, Alessandro Giuli, ha presentato alla Camera, in commissione Cultura, il proprio indirizzo politico, parafrasando Hegel. Ciò per dire quello che noi affermiamo già da molto tempo a “La vasca dei pesci Tv” (qui il canale Youtube, ndr), durante le nostre chiacchierate notturne con l’amico Trinelli. E cioè che servirebbe un recupero di cultura umanista per non finire dominati dalla tecnica, la quale è funzionale unicamente a se stessa.

Solo che lui, il ministro Giuli, per dire la stessa cosa, ha dichiarato: La conoscenza (era la filosofia, ma vabbè, ndr) è il proprio tempo appreso con il pensiero. Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale e nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso e improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni, che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone, non solo delle ultime generazioni, ha cominciato a mutare con esso.

Poi il ministro ha continuato: Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione e, per converso, l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia. Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?  No (si è risposto da solo ma fa niente, ndr).

Alla fine, il ministro ha concluso: Fare cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo (umanesimo era meglio, per richiamarsi al rinascimento, ndr) integrale, che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica (perché ottica? Boh…) pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore: una dialettica errata. Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi e, al di là, della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita, che costruisce lo specifico della cultura.

Per la serie: ora tutto è chiaro.

 

 

(9 ottobre 2024)

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