di Vittorio Lussana
Ho pubblicato in questi giorni un’intervista importante, che qui non cito per evitare discussioni che a Roma, di solito, si trasformano in questioni di mero atteggiamento. In pratica, nel diffondere il mio servizio sui social, vengo citato con il solito cognome che mi ha perseguitato per più di 50 anni: Lusanna, anziché Lussana.
Nella città eterna, per cambiare veramente le cose bisognerebbe affrontare la sostanza dei problemi e non solamente la forma. Anche ai più alti livelli sociali e professionali. Non si può ridurre sempre tutto a una questione di metodo e di toni: occorre cominciare a correggere, con autentica umiltà, alcuni limiti di pigrizia mentale tipica dei romani. Anche di quelli della via Cassia o dei colli Parioli. Tipo: imparare a leggere…
Il bello, in tutto questo, è che se lo fai notare, ti rispondono che hai reazioni da radical chic. Perché adesso hanno imparato ‘sta cazzata da Giorgia Meloni e la usano per giustificarsi su tutto: ogni scusa è buona per depistare qualsivoglia ragionamento e non cambiare mai niente. Anche se è vero che non si tratta di un problema di romanità, ma dell’esatto opposto: di vera e propria crisi d’identità. Il problema di Roma non è Roma, bensì i romani.
Quelli di oggi, non quelli di ieri.
(25 giugno 2024)
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