di Vittorio Lussana
“Il Consiglio del IV Municipio di Roma ha approvato la dichiarazione di pubblico interesse rispetto allo studio di fattibilità per la realizzazione del nuovo stadio della Roma, in zona Pietralata”. Lo ha dichiarato proprio ieri Gianluigi Bardini, presidente della commissione Ambiente del IV Municipio di Roma. “Esprimo soddisfazione”, ha aggiunto, “per un atto che sta procedendo nel suo iter e che ci ha visti impegnati, in queste settimane, per valutarne l’impatto ambientale, sociale e urbanistico e per farne emergere più chiaramente il pubblico interesse”.
Finalmente, una decisione operativa. Costruire una struttura del genere come lo stadio della Roma, in una zona quasi paludosa come il Torrino, in quel quadrante meridionale in cui il Tevere si accinge ad aprire il suo delta per diramarsi tra Fiumicino e Ostia, poteva essere un azzardo. O meglio, si poteva anche fare, ma bisognava riqualificare l’intera periferia. Un’operazione nemmeno troppo costosa, ma con tempistiche lunghissime: rischiavamo di assistere alla prima partita di calcio con in squadra anche gli alieni, per la gioia di Red Ronnie.
Pietralata, invece, si trova nella zona a est della capitale, su un terreno di travertino che, lungo la via Tiburtina, presenta le sue storiche cave, risalenti addirittura all’epoca dell’imperatore Adriano. E’ una parte di Roma assai più adatta, già oggi facilmente raggiungibile tramite metropolitana, risultando collocata in mezzo ai quartieri Nomentano e Tiburtino. Inoltre, la zona era già in fase di riqualificazione, essendo in costruzione molti nuovi comprensori, assai attrezzati ed eleganti. Del resto, Roma è la città del piccone e della cazzuola. E ogni metro quadrato viene considerato edificabile: ci vuol poco a veder sorgere una nuovo quartiere.
Il problema di Roma non sono mai state le tempistiche di costruzione in superficie, ma quelle sotterranee, essendo una metropoli stratificata, con 3 millenni di Storia alle spalle. Inoltre, Pietralata era già in fase di sviluppo, rispetto alla borgata di pasoliniana memoria. E la sua triangolazione urbanistica, tra Montesacro – oggi divenuto un gioiellino di quartiere – e Rebibbia hanno completato il quadro complessivo di una zona orientale che era il vero punto debole della capitale d’Italia, sia in termini disorganizzazione, sia di vivibilità.
Tuttavia, anche la direttrice-mare merita di essere rinnovata: ci sono poche strade e molte borgate risultano, ancora oggi, dei satelliti a sé stanti. E per raggiungerli, si forma il classico imbuto di traffico, soprattutto nelle ore di punta. Invece, nella parte orientale è stato fatto un buon lavoro, stimolato dalla diramazione della linea B della metropolitana, che oggi arriva sino a viale Jonio. Mi è capitato di vedere lo snodo orientale dall’alto, per puro caso e in periodo natalizio, con le luminarie tutte accese: una cintura magnifica, quasi uniforme, che va dal Nuovo Salario a viale Jonio, fino a Ponte Mammolo e che mi ha ricordato la periferia di Madrid.
Roma è ormai avviata verso il suo futuro. La cosa mi fa molto piacere, poiché si tratta di una città imponente, che non meritava di vivere certe arretratezze e contraddizioni. Si è trattato di uno sviluppo disordinato, disorganizzato, con quartieri completamente isolati, in cui alla sera si tornava solo per andare a dormire. Per questo motivo si chiamavano quartieri dormitorio. Le strade era ampie, ma non c’erano attività che potessero avvicinare i luoghi di lavoro con le abitazioni. Intere generazioni di romani hanno sofferto decenni di disagi e difficoltà: solo oggi tutto comincia ad avere una sua omogeneità, urbanistica e sociale.
Adesso, toccherebbe alla cultura operare il decentramento definitivo. Qualche professionista artisticamente pregevole, come quella tigre che porta il nome di Patrizia Schiavo, ha già svolto un’opera meritoria, assai in anticipo sui tempi. Perché è vero quel che si dice al nord: tanta Storia, tanta bellezza, ma poca concretezza. Eppure, basterebbe attivare alcuni gruppi di persone – come quello orbitante attorno alla struttura di Teatrocittà – per assistere a veri e propri miracoli. E scoprire che i romani, quando vogliono, sanno essere all’altezza della loro Storia.
Non sempre è vero che i romani sono pigri e indolenti, che fanno tutto di malavoglia: ci sono delle eccezioni, dei punti di riferimento per interi nuclei di cittadini. Il ragionamento, tutto sommato, era molto semplice: liberare la città vecchia da una mole di servizi che, attraverso un processo di decentramento, potesse migliorarli, rendendoli più efficienti. Le contraddizioni di Roma, i suoi squilibri, le sue eccellenze affiancate ad arretratezze incredibili, stanno finalmente vivendo un processo di riassorbimento, di omogeneizzazione qualitativa, grazie al lavoro e alle idee di alcuni cittadini meritevoli, di cui potremmo proporre, un giorno, una carrellata, per ricordarli come meritano.
E forse, in futuro, lo farò.
(8 marzo 2023)
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