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Meloni, o dello spostamento della Capitale d’Europa da Bruxelles a Roma e di altre proposte accolte [sic] e messe in pratica

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di Giovanna Di Rosa, #Lopinione

Dunque negli ultimi giorni la leader di Fratelli d’Italia ha inanellato una serie di gioielli indimenticabili, che con la politica quasi nulla hanno a che fare, ma che sono invece solo ed esclusivamente propagandistici, partendo dalla battuta secondo la quale “Senza Fratelli d’Italia all’opposizione” patriottica, e non più beceri sovranisti, “l’Italia sarebbe come la Corea del nord” per la presenza di pericolosissimi partiti comunisti dentro il governo Draghi.

Cosa tocca inventarsi pur di cercare disperatamente di distinguersi, vero? La leader del partito che li ha tirati dentro tutti, persino i più brutti, starebbe inventando per l’opinione pubblica che a lei guarda come un faro, che Berlusconi, Salvini, Renzi, Zingaretti e il M5S sono partiti di sinistra? Perché se le cose stanno così anche un timidissimamente partito arrossito come LeU sembra diventare rosso fuoco e ai limiti della sinistra extraparlamentare. Meloni è straordinaria nell’inventarsi panzane come nell’inventarsi una carriera di statista perennemente in bilico tra il successo travolgente e il sondaggio che la incensa. Tutto sta nel decidere se crederle o no.

Così pensiamo sia utile ricordare che mentre in Italia Meloni si è votata all’opposizione patriottica, in Europa rimane leader di una formazione conservatrice anti-europea che vede l’Italia come il fumo negli occhi, e che una delle sue proposte politiche più ganze degli ultimi anni, aveva proprio a che fare con lo spostamento di Capitali su è giù per l’Europa: è del 2019 l’uscita meloniana che fece tremare i polsi [sic] a Bruxelles.

“La Capitale dell’Unione europea deve essere Roma e intendo portare in Europa questa rivendicazione. La Capitale dell’Unione europea deve essere il luogo più rappresentativo della sua millenaria tradizione, non il luogo più comodo dove mettere gli uffici.”

Lo disse di fronte a quattro gatti alla conferenza programmatica del suo partito, ché si presume sempre di programmi, al Lingotto il 15 aprile 2019, il cui titolo era “In Europa per cambiare tutto” che si trasformò poi in due differenti tronconi dello stesso programma: “In Europa per non andarci quasi mai” e “In Europa per non cambiare niente”.

La terza tranche della favolosa allegoria di un politico era “In Europa per farli ridere tutti”, ma se l’era già presa Salvini che nel 2019 era fedele alleato e tribuno d’onore di Meloni. Sembrano ere geologiche fa. Quando ancora la granitica unità della destra non era stata devastata dall’incapacità dei suoi leader urlanti votati allo slogan e non ai programmi.

 

(21 febbraio 2021)

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