di Paolo M. Minciotti #LGBTI twitter@gaiaitaliaroma #Covid19
E’ una vita da testimonial quella di Vanni Piccolo, storico attivista LGBTI+ molto prima che le sigle diventassero autoreplicanti e gay era un dispregiativo. Era il 1985 quando decise di andare in televisione e metterci la faccia, da gay dichiarato, che non era facile come oggi. Lo diciamo per dirlo, mica per polemica. Oggi Vanni Piccolo ha ottant’anni, ma è ancora lì, a offrirsi come testimonial, per un’altra emergenza , l’emergenza coronavirus. Si è proposto come testimonial del vaccino contro il Covid-19, vaccinazione iniziata in tutta Italia il 27 dicembre scorso con reality show, poco apprezzabile in verità, al seguito.
Vanni Piccolo si è detto disponibile ad una vaccinazione pubblica, nel caso servisse a sensibilizzare una popolazione dove i riottosi, per quanto pochi, sono sempre troppi. Il protagonismo non c’entra; dopo una vita spesa per i diritti degli altri Vanni Piccolo è ancora lì, con la sua grande umanità, a donare il suo tempo, la sua disponibilità, un ennesimo pezzo di vita, per essere in qualche modo d’aiuto agli altri in una fase della vita nella quale sarebbe lecito tirare i remi in banca.
Ma lui, no. E’ ancora lì in prima fila. Perché l’importante è esserci quando si ritiene che gli altri abbiano bisogno di te in un mondo in cui di fronte alla sofferenza sei sempre solo.
Che l’appello venga raccolto è tutta un’altra storia. Lo sa anche Vanni Piccolo, tra i soci fondatori del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, di cui è stato presidente negli anni ’80, dall’alto della sua grande esperienza.
(28 dicembre 2020)
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