di Vittorio Lussana #PensieriniRomani twitter@GaiaitaliaRoma #Cultura
Questa storia che molti romani di oggi, quando comunicano, lo facciano tramite mugugni e grufolamenti sta cominciando a ‘scocciare’: ma da dove viene ‘sta gente? Dove cavolo l’avete presa? Perché nessuno, a Roma, articola più i periodi e i pensieri? Non si capisce. Molta gente della capitale, che svolge mestieri anche importanti e delicati, ormai non parla più: grugnisce. Come se avessero finito le parole. Eppure, il romano di una volta tutto era fuorché introverso. Anzi, dovevi inventarti un metodo per svignartela, durante una conversazione, altrimenti lui ti raccontava tutte le disavventure della sua famiglia fin quasi a Giulio Cesare. Oggi, invece, il romano ‘bofonchia’: ma che cazzo ti ‘bofonchi’, scemo? Tira fuori la voce e parla scandendo bene le parole. Cosa c’è? Hai qualcosa da nascondere? Parlare chiaramente è troppo da persone serie? Un caro amico mi ha esposto una sua teoria: “Ho cominciato a ridurre le parole, perché la mia fidanzata di allora amava i timidi, i ragazzi chiusi di carattere e mi diceva sempre che non si fidava di chi parlava troppo…”. Sì, vabbè: capisco le esigenze di sintesi, ma adesso si sta arrivando all’eccesso opposto: all’incomunicabilità. E forse, la ex del mio amico percepiva soprattutto il ‘richiamo della foresta’… In effetti, se è diventata una ex, probabilmente se lo merita. Si sarà sposata con un cinghiale. Uno di quelli che ogni tanto, di notte, attraversano le vie di Roma a tradimento. E per poco non li metti sotto con la macchina.
(29 luglio 2020)
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