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“Pensierini Romani” di Vittorio Lussana: a Roma non si può lavorare

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di Vittorio Lussana #PensieriniRomani twitter@GaiaitaliaRoma #Roma

 

A Roma non si può lavorare. Circola come un virus nelle menti dei cittadini della capitale, un sorta di stupidità; una pigrizia mentale ipocrita e superficiale; un formalismo omologativo funzionale unicamente a rimuovere ogni critica, anche la più costruttiva e dialogante; un concepire gli altri dando per scontato che essi possiedano i nostri stessi difetti e le nostre stesse identiche esigenze. Siccome la città si è ormai piegata da tempo alla mediocrità e all’opportunismo, si pensa che anche il prossimo sia mosso dai medesimi bisogni o presupposti. E non si riconosce nient’altro, nel grigiore più squallido, unilaterale e assoluto. Riuscire a far comprendere cosa sia la normalità, diviene un’eccezionalità. E invece, si tratta di una semplice, banalissima, normalità basata sul lavoro, sulla professionalità, su una reale passione per la cultura, il teatro, l’arte in generale. Queste sono le considerazioni che abbiamo dovuto trarre dopo la fine della partnership, durata 8 anni, tra la rivista ‘Periodico italiano magazine’ e il ‘Roma Fringe Festival’. Una manifestazione sempre più involuta e rabberciata, che tende ad appiattire verso il basso tutto e tutti. Il tentativo dell’attuale direzione artistica, oltre a snaturare la natura allegra, bizzarra e giovanile della rassegna, sembra esser quella di voler ridurre i premi destinati alle singole compagnie, al fine di innalzare la qualità degli spettacoli. E’ un po’ il ragionamento di chi preferisce stipare i propri compact disk in verticale anziché in orizzontale, senza riuscire a comprendere che i cd in questione sono sempre gli stessi. Una riduzione dei premi che cambia poco o nulla per chi, nelle passate edizioni, si presentava quando voleva e scriveva quando poteva. E che, col passare degli anni, ha via via emarginato proprio chi ha sempre sostenuto, fedelmente e con coerenza, l’idea originaria del festival, recensendo ogni singolo spettacolo, predisponendo servizi speciali, impegnando l’intera redazione anziché limitarsi a inviare un singolo reporter. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, recita l’articolo 1 della nostra Costituzione. Un principio rimasto totalmente sulla carta. Soprattutto a Roma e nei suoi sempre più discutibili ambienti. Perché nella distorta mentalità della capitale d’Italia domina, ormai, un solo e unico principio: chi lavora è solamente un povero stronzo.

 

 

(6 novembre 2019)

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