di Redazione #Latina twitter@gaiaitaliacomlo #Caporalato
Dev’essere proprio stata la “pacchia” di cui qualcuno delira a provocare i fatti di cui parleremo: dieci ore di lavoro al giorno – e di fila – a quattro euro (4) all’ora. Siccome la fame è un problema, e la pacchia impone addirittura di volere mangiare per vivere, ci sono cascati in quattrocento nella bella vita [sic] che qualcuno che fa dirette sui social dagli alberghi in montagna, definisce “pacchia”.
Quattrocento che erano finiti, scrive Repubblica, nella rete di sfruttamento della “Agri Amici Società Cooperativa di Sezze, in provincia di Latina: una cooperativa di copertura, che nascondeva in realtà una centrale di caporalato”. Guarda guarda… Caporalato? E noi che – complici i silenzi dei Sig. Ministri del Governo impegnati a farsi foto, video e selfie – non ne sapevamo nulla, distratti dal racconto della “pacchia” che certa povera gente vivrebbe alle spalle dello stato Italiano.
L’operazione di smantellamento dell’inumano sfruttamento è stata opera della squadra mobile di Latina, in coordinamento con gli uomini del Servizio Centrale Operativo diretto da Alessandro Giuliano. Gli arrestati sono sei, guarda un po’, tutti italiani. Violazione della normativa sul caporalato.
Sequestrati decine di automezzi, case, beni di vario genere, proventi dei guadagni illeciti sulle spalle dei braccianti stranieri. Coinvolti anche un sindacalista e un ispettore del lavoro accusato di corruzione. Reati che vanno dall’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, all’estorsione, dal riciclaggio a reati tributari.
Chi faceva la pacchia, signori che votate con la panza, non erano certi i braccianti. Che ora sono anche senza lavoro. E come certi selfie dimostrano, bisogna pur mangiare. Certo qualcuno mangia fin troppo.
(17 gennaio 2019)
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